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Luigi Bistolfi e le vicende artistiche romane

by paton

Luigi Vittorio Biagio Guido Bistolfi nasce il 18 giugno 1860 ad Acqui (AL) da Angelo di professione maniscalco e Marianna Guasco, sarta.

Entrò all’Accademia di Belle Arti di Brera all’età di quattordici anni, nell’elenco generale degli allievi iscritti per le Scuole della Regia Accademia di Belle Arti il suo nome compare due volte e precisamente: Scuola di Elementi di Architettura, data ammissione 4/2/1875 e Scuola di Prospettiva, data di ammissione 7/11/1876. Durante la frequentazione di questi anni accademici lo scultore si è sempre distinto ottenendo negli anni 1875 e 1876, per la Scuola di Ornamenti due medaglie d’argento conferite per meriti complessivi di progresso, assiduità e condotta nella realizzazione di una copia da un modello. Nel 1878 alla Scuola di disegno e di figura riceve una menzione onorevole. In quel periodo anche il casalese Leonardo Bistolfi frequenta la Regia Accademia. Entrambi destinati a diventare scultori (possibili legami di parentela sono ancora da verificare). La firma “L. Bistolfi” utilizzata da entrambi gli artisti ha contribuito a rendere difficoltosa in certi casi l’attribuzione.

Nel 1880 si reca nella Città Eterna per approfondire i suoi studi, nella capitale era presente la “colonia acquese” che lui frequenterà costituita da Giuseppe Saracco, il senatore artista Giulio Monteverde, Giovanni Tarditi, Giovanni Vico, Guido Baccalario ed il giovane Maggiorino Ferraris. Rimarrà in contatto con la sua città natale non mancando mai di rispondere alle committenze arrivategli, come nel caso della realizzazione di una lapide marmorea a Spigno in memoria del passaggio di Carlo Alberto, diretto, nel 1849, in esilio ad Oporto dopo aver abdicato in favore del figlio, Vittorio Emanuele II in seguito alla sconfitta inflittagli nella battaglia di Novara dall’esercito austriaco che lo vide vittorioso sull’armata piemontese. Oppure di un busto del filantropo Jona Ottolenghi che “sorretto da una colonna faceva bella mostra di sé alla parete di facciata ai banchi di scuola”, scoperta occasionalmente durante l’inaugurazione presso l’ex convento di S. Francesco, della scuola d’Arti e Mestieri. Il busto in gesso dell’esploratore Giacomo Bove, scolpito a Roma nel 1880, è stato invece donato in seguito all’Istituto Idrografico della Marina di Genova da parte della nipote.

Roma, Museo di Roma – L. Bistolfi, Ritratto di augusto Jandolo, bronzo, 1912

Nello studio romano di Via S. Nicolò da Tolentino n.19, non distante da palazzo Barberini, viene forgiato il colossale busto marmoreo di Giuseppe Gari – baldi commissionato dagli eredi in occasione del primo anniversario della morte. Verrà innalzato su uno scoglio dell’isola di Caprera dietro la cosiddetta “Casa Bianca” ed inaugurato il 2 giugno 1883. Il giovanissimo autore lo ritrae con lo sguardo rivolto verso la Corsica e avvolto nella coperta che gli donò Carlo Cattaneo. L’opera appare intrisa di un forte realismo.

Verso la fine dell’anno 1883, dopo aver trascorso un breve periodo a Parigi, salperà alla volta di New York, dove alcuni importanti lavori l’attendevano. La Gazzetta d’Acqui ci informa delle sue gesta oltreoceano, in Argentina, come l’assegnazione, nel 1886, di una medaglia d’argento per alcuni busti in terracotta ed in gesso da lui esposti alla Seconda Esposizione Industriale Italia – na. Due grandi cambiamenti aspettavano il suo ritorno in patria. Nel 1887 l’incarico direttivo nelle Scuole d’Arti Applicate all’Industria del Regno che ricevette dal Ministero dell’Industria e Commercio e il matrimonio con la veneta Clelia Ceriani da cui avrà un figlio, Carlo. Nello stesso anno ritrarrà nel marmo la figura del pittore Pietro Ivaldi, detto “Il Muto”, purtroppo andata distrutta o forse più probabilmente sottratta.

Partecipa nel 1890 al concorso per il monumento funebre a Goffredo Mameli ispirandosi al culto dell’antichità. Il Bistolfi, probabilmente educato alla scuola di Giulio Monteverde, si ispira al suo pensiero trattando con la massima semplicità i monumenti funebri. Dal 1892 è presente alle mostre della Promotrice di Belle Arti di Torino. Nell’edizione del 1899 vinse il secondo premio di lire 1.000 per un “Busto di Cristo” in gesso. “La critica elogia il suo stile sommario e ieratico, quasi arcaico ma aggiornato su soluzioni liberty, nella scelta cromatica e nelle superfici lisce, espresse in modo analogo nei puri volumi del gesso Reginae Italicorum Preces, datato 1900 e conservato al Palazzo del Quirinale1”. Ha costituito il nucleo delle opere esposte nella mostra dedicata a Margherita di Savoia, prima regina d’Italia curata dalla Fondazione Terrazzi a Bordighera nel 2011. Le opere di fine secolo risentono ancora della tradizione realistica ed accademica, con l’inizio del ’900 Bistolfi si avvicinerà alle tematiche simbolistecon risultati più originali.

Roma, Archivio Famiglia Dandini – Ignoto Fotografo,
Luigi Bistolfi nello studio e Augusto Jandolo in posa, 1912

Nella ritrattistica permane un gusto verista con accenti di sentimentalismo come nel caso del busto bronzeo di Augusto Jandolo, del 1912. La pratica disegnativa e il rigore accademico non frenano la spontaneità e l’immediatezza con cui Bistolfi fissa il personaggio nella sua maturità, all’età di trentanove anni, attraverso le superfici bronzee. I tratti ben marcati del volto riflettono la luce e nelle pieghe del chiaroscuro, fanno emergere con eleganza e precisione fisionomica, la fierezza del carattere e la nobiltà d’animo.

Grazie alla gentilezza della Dottoressa Susanna Misiano sono venuta a conoscenza che il Museo di Roma ha accolto nelle sue collezioni due opere: il busto in bronzo di Luigi Bistolfi, del 1912 (sopra descritto), e il dipinto ad olio eseguito da Romualdo Locatelli nel 1933, in seguito ad un lascito testamentario della Signora Silvana Dandini. Con questo gesto ha voluto tramandare l’immagine del marito Augusto Jandolo, uomo eclettico, antiquario, poeta, drammaturgo e attore, rappresentò un riferimento per i circoli di intellettuali tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento.

Roma, Museo di Roma, Archivio Fotografico – H. LE LIEURE, Ritratto di
Luigi Bistolfi in costume seicentesco, collodio, 1880 (Foto Museo)

La documentazione fotografica si è rivelata fondamentale al fine di tracciare finalmente il volto dello scultore rimasto per troppo tempo sconosciuto. Nell’Archivio Fotografico del Museo di Roma è conservata una foto del 1880, in cui un ventenne Luigi Bistolfi indossa un costume seicentesco da alabardiere esibito al famoso corteo carnevalesco dedicato al principe di Corcumello. Un’altra fotografia reperita nell’archivio della famiglia Dandini attesta la genesi dell’opera: “lo scultore nello studio, in abiti da lavoro, sta ultimando il modello in terracotta e Jandolo è in posa con aria distratta di fronte a lui. Non è solo un semplice scatto, è un istante che racchiude un universo di vita e d’arte”.

Ritratto di Luigi Bistolfi, 1910, olio su tela cm 78 x 130 – firmato e datato in basso a sinistra: Ferrazzi Ferruccio 1910 All’amico Luigi Bistolfi, Collezione privata

Nel 1910, Luigi Bistolfi è stato ritratto da un giovanissimo Ferruccio Ferrazzi (Roma, 15 marzo 1891- Roma, 8 dicembre 1978) in un dipinto ad olio. Il maestro lavorerà successivamente ad Acqui Terme per i coniugi Ottolenghi. Conosciuto in occasione della II Biennale Romana (1923) Arturo ed Herta Ottolenghi diventano da subito suoi collezionisti e sostenitori. Egli procederà, con la tecnica musiva e dell’encausto, alla decorazione delle pareti, della cripta e della cupola del Mausoleo progettate da Marcello Piacentini. La figura di Bistolfi con il suo abito scuro e la posa elegante, emerge dal fondo di una parete gradualmente animata da un fregio e da una luminosa vetrata. Diversamente dalla sagoma del vestito che appare contornata da un segno incisivo e duro, la parte della finestra è resa da un pennellata sciolta e veloce. L’opera collocabile tra le prime prove divisioniste, è interessante oltre che per la stesura pastosa del colore anche per il gioco delle luci ravvivante alcuni particolari del dipinto, che sembrano risentire di un postimpressionismo di matrice tedesca (Libermann, ad es.). Bistolfi, valente scultore e studioso, pubblica nel 1904 un breve opuscolo, l’Ercole seduto in cui confuta l’attribuzione ellenistica della statua dell’Ercole seduto custodito nel museo nazionale romano di palazzo Altemps a Roma. Ora affianca alla sua attività di scultore quella di conservatore delle opere artistiche antiche della Liguria che lo porterà a risiedere nella città della Lanterna.
Muore a Roma il 30 aprile del 1919.

Monica Bruzzo

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